Le
più antiche testimonianze di vita nel sito di Monte Saraceno risalgono
alla preistoria: si tratta di tracce di frequentazione dell’Età del Rame
(III millennio a.C.), del Bronzo Antico (inizio II millennio a.C.) e
del Bronzo Medio (XIV-XIII secolo a.C.), documentate sul pianoro
sommitale del monte.Tra l’VIII e il VII secolo a.C. il pianoro
accoglie un villaggio, probabilmente di genti sicane, con capanne
circolari. Tale insediamento, alla metà del VII secolo a.C., viene
distrutto, ma rinasce subito dopo con case a pianta rettilinea che si
estendono, oltre che sul pianoro sommitale, anche sul terrazzo
superiore.La vita del villaggio indigeno si interrompe nel
secondo venticinquennio del VI secolo a.C. (per un conflitto con i
Greci?), ma il centro viene immediatamente ricostruito secondo criteri
diversi, acquistando la fisionomia di una città. La sommità del monte
sembra avere ora una destinazione prevalentemente religiosa e assume in
una certa misura l’aspetto di “acropoli”; l’abitato, oltre che nel
terrazzo superiore, si estende anche al terrazzo inferiore, secondo un
impianto ortogonale. Il centro si munisce di un sistema difensivo con
mura di fortificazione in tecnica poligonale. Le necropoli occupano
ampie aree della zona collinare che si estende ai piedi del monte e sono
caratterizzate da tombe di tipologia greca, i cui corredi indicano un
tenore di vita abbastanza agiato della popolazione. Questa fase dal
secondo venticinquennio del VI al terzo venticinquennio del V secolo
a.C. segna il momento di massima fioritura del centro.Il
rinnovamento della città appena descritto non è stato interpretato in
maniera univoca dagli studiosi. Una delle spiegazioni proposte vede nel
fenomeno il segno dell’arrivo dei Greci nel sito, con il conseguente
assoggettamento dell’elemento indigeno. Un’altra interpretazione, più
recente, riferisce il cambiamento a quel processo di profonda
“acculturazione” che nel VI secolo a.C. portò i centri indigeni
dell’interno della Sicilia ad adottare modi di vivere “alla greca”, pur
restando indipendenti politicamente dai Greci.Nel secondo
venticinquennio del V secolo a.C. il quartiere del terrazzo inferiore
viene abbandonato, ma la città continua a vivere restringendo i propri
confini entro i limiti del terrazzo superiore. Ciò potrebbe forse essere
connesso con il periodo di disordini e conflitti che seguì alla caduta
delle tirannidi a Gela e Agrigento.Successivamente, nel terzo
venticinquennio del V secolo a.C., sul pianoro sommitale è documentato
un evento traumatico che segna la vita del centro, pur non comportando
una distruzione vera e propria dell’abitato del terrazzo superiore.Nell’ultimo
venticinquennio del V secolo a.C. la città si risolleva, con una nuova
fase edilizia sul pianoro sommitale ed il riutilizzo delle strutture
precedenti nel terrazzo superiore. Si costruisce una nuova
fortificazione in tecnica isodoma, con un doppio circuito murario, l’uno
intorno al pianoro sommitale, l’altro poco più a valle del terrazzo
superiore. La necropoli occupa un’area in pendio ad Ovest del monte. E’
presumibile che, alla fine del V e nella prima metà del IV secolo a.C.,
il centro, in quanto fortificato e strategicamente funzionale, abbia
assunto un ruolo di carattere più militare nell’ambito della politica di
Dionisio I di Siracusa.Intorno alla metà del IV secolo a.C. è
documentata un’altra cesura traumatica: abbandonato l’abitato del
terrazzo superiore, la città occupa ormai solo il pianoro sommitale, con
costruzioni affrettate e modeste che sopravvivono fino ai primi decenni
del III secolo a.C., forse svolgendo soltanto la funzione di postazione
militare.Diverse sono state le proposte di identificazione
del centro, fonti letterarie antiche identificano la città greca con
“Kakyron”